Un bambino su cinque, in Italia, ha almeno un genitore straniero. Questa tendenza piuttosto nuova per l’Italia è molto più “normale” per altri Paesi Europei e per gli USA: basti pensare agli immigrati latino-americani o italiani in USA o a Londra.
Quali sono i bambini bilingue? Antonella Sorace, professore ordinario di Linguistica Acquisizionale (Developmental Linguistics) all’Università di Edimburgo, propone questa definizione:“è bilingue la persona che, senza sforzo e senza fatica, può passare da una lingua all’altra”
Bambini bilingue: l’esperienza di una mamma
Certi che il bilinguismo non fosse solo una necessità per comunicare con metà dei parenti della nostra famiglia ma un vero vantaggio cognitivo per nostra figlia, abbiamo cominciato a praticare il bilinguismo fin dalla nascita. Italiano e spagnolo con un approccio OPOL (one person one language o one parent one language): io in italiano e mio marito in spagnolo.
Nei, certamente non abbiamo avuto riscontro dalla nostra bambina sull’effettiva utilità del bilinguismo e sull’efficacia del metodo che avevamo scelto. Il bambino, molto più che l’adulto, apprende senza sforzo: nei primi mesi di vita il cervello è una sorta di tabula rasa e non fa fatica a gestire due lingue, perché non si fanno concorrenza tra loro.
Con il passare dei mesi, però, la nostra bambina ha cominciato a manifestare con evidenza di capire entrambe le lingue: già attorno ai 10/12 mesi era capace di seguire piccole istruzioni in spagnolo (il papà le diceva di passarle un mattoncino rosso o un libro giallo in spagnolo ed effettivamente la nostra bimba capiva e reagiva di conseguenza!)
Abbiamo continuato in questa direzione: one person one language. Effettivamente l’italiano è predominante, sia perché è stato scelto come lingua nella famiglia (la lingua comune che parliamo quando siamo tutti e tre insieme), sia perché sono io quella che passa maggior tempo con la bimba.
Un consiglio: nel breve termine il bilinguismo nei bambini può comunque comportare un leggero ritardo nello sviluppo linguistico, soprattutto nei primi anni di vita. Questo significa che il tuo bambino potrebbe non pronunciare correttamente alcune lettere o suoni fonetici: questo è normalissimo.
A volte alcune persone confondono questo ritardo con la dislessia: esistono test specifici per verificarlo e d’altra parte se il bimbo è bilingue questo non influirà sull’eventuale problema. In realtà, bisogna solo avere un po’ più di pazienza: è ovvio che se un bimbo è concentrato unicamente e per tutto il tempo su un solo codice di linguaggio lo padroneggerà in breve tempo, mentre se è esposto per varie ore al giorno a due (o più!) lingue ci metterà un po’ di più a padroneggiarle.
Su questo punto (la mia bimba ha ormai 6 anni compiuti) posso confermarti che con il tempo migliorano tantissimo: solo ora posso dire che la mia bimba padroneggia l’italiano, mentre è ancora lontana dal padroneggiare lo spagnolo parlato (probabilmente per il minor tempo di esposizione alla lingua paterna).Il bambino bilingue avrà comunque un vocabolario più ampio di un monolingue e con il passare del tempo il ritardo in una lingua viene sempre recuperato.
Con il tempo, può sovvenire anche una fase di rifiuto di una delle due lingue: soprattutto al nido o alla scuola dell’infanzia, quando il bambino vede che l’altra lingua non è compresa dai coetanei. È solo una fase: anche qui bisogna perseverare e mantenere la pazienza. Nel nostro caso, grazie ai viaggi in Spagna, la nostra bambina ha compreso che lo spagnolo era untile per comunicare con le cuginette e ha ricominciato a usare la lingua che aveva rifiutato. Anche se non la parla, il bambino bilingue ha la seconda lingua dentro di sé, è acquisita, e potrà usarla quando ne avrà bisogno o semplicemente voglia.
Code-switching
La nostra bambina parla spesso itagnolo! Ti ricordi il film Spanglish? Flor, nel film interpretata da Paz Vega, arriva in USA e non parla una parola di inglese e, di conseguenza, per farsi capire dà luogo a varie ed inaspettate situazioni esilaranti. Capita anche spesso che i bambini bilingue usino il cosiddetto code-switching: in poche parole mischiano le lingue, usando termini di una lingua quando parlano l’altra.
È un comportamento normalissimo e caratteristico nei bilingue, anche per gli adulti. Non ti allarmare: non significa che il bambino confonda le lingue o non conosca la parola corrispondente nell’altra lingua, ma semplicemente ha ritenuto la parola come più adatta per esprimere ciò che voleva. Inoltre nel bambino è una sorta di atto creativo: mischiano le parole solo quando sanno che l’interlocutore può capirli! Ci hai mai fatto caso?
I pro del bilinguismo
Crescere un bambino bilingue è impegnativo e comporta sforzo e pazienza, ma sicuramente comporta anche una serie di vantaggi culturali e cognitivi.
Anzitutto conoscere una lingua può servire nel mondo del lavoro, ma non solo: dal punto di vista umano, il bilinguismo apre alla conoscenza e al confronto, donando ai bambini quell’apertura culturale necessaria per vivere in un mondo sempre più cosmopolita.
I bambini bilingue sono dei problem solver naturali: una delle caratteristiche più richieste dal mondo moderno, essere problem solving, percepire il cambiamento e sapersi adattare e risolvere. A seconda della situazione in cui si trova, il bambino bilingue deve scegliere una delle lingue che conosce: sempre, lo fa fin dalla nascita. Questa abitudine alla scelta e a tenere sotto controllo i sistemi di linguaggio, fa sì che il bambino bilingue svolgere meglio alcuni compiti evitando di distrarsi: semplicemente esclude ciò che in quel momento è superfluo e lo distrae per concentrarsi e focalizzarsi su ciò che sta facendo.
Paola Agostini