Arriva il primo figlio. E il lavoro? Tornerò a lavorare come prima? Tornerò ad essere quella di prima? Come mi organizzerò? Sono domande che hanno affollato anche la mia mente ormai oltre sette anni fa. E la risposta è una sola: nulla sarà più come prima. Ma non vuol dire che sia un male.
I figli hanno anche un padre
La primissima cosa che vorrei dire a chi legge è che diventare genitore deve essere una questione per due. Se il bambino ha una mamma che lavora e un papà che lavora, il primo passo per superare le difficoltà da rientro è quello di condividerle.
Poi ci sono anche gli aiuti esterni: nonni, altri parenti, zii, amici, asili nido, babysitter.
Ma prima di tutto c’è un papà, che purtroppo non può fruire di una paternità obbligatoria lunga come quella della mamma, ma può richiedere i congedi parentali o addirittura accumulare delle ferie in vista dell’arrivo del piccolo.
E poi il papà può farsi carico del bimbo se la mamma ha riunioni o trasferte di lavoro, e parlo per esperienza personale: mio marito si occupa completamente dei miei due bambini tutte le volte che sono via, e mi capita spesso di viaggiare per lavoro.
Insomma se papà collabora, mamma si sentirà molto meno in difficoltà con il lavoro.
La maternità migliora le performance lavorative
Da qualche parte ho letto che diventare madre attiva parti del cervello che prima non venivano utilizzate. E in qualche modo ci posso credere.
Avere un figlio cambia il modo di ragionare e quello di vedere le cose. Ti ritrovi a valutare qualsiasi situazione da tutte le angolazioni possibili, impari l’utilissima arte della mediazione e sviluppi l’attitudine al problem solving anche se magari prima non l’avevi mai avuta (e sappiamo tutti che ormai gli annunci di lavoro chiedono tutti ma proprio tutti “conoscenza dell’inglese e attitudine al problem solving”).
Un esempio? Andavo al super a fare la spesa con il passeggino e all’ingresso valutavo attentamente la distanza di detto passeggino dagli scaffali, con aggiunta l’apertura delle braccia del pupo, in modo che il mio pargolo non potesse tirare giù nulla evitando dunque dei danni. E’ un bel allenamento mentale, no?
Le difficoltà del lavoro, con l’arrivo dei figli possono addirittura ridimensionarsi o quantomeno prendere la giusta collocazione. Peccato che spesso capi o datori di lavoro non considerino minimamente questo valore aggiunto delle lavoratrici figli-munite. Ma confido che le cose cambieranno ancora.
Per quel che mi riguarda da quando sono mamma sul lavoro sono più efficace ed efficiente e non mi concedo perdite di tempo, quasi mai.
C’è sempre la possibilità di fare delle scelte
Io so cosa passa per la mente di una donna che lavora e scopre di aspettare un bambino. Inizia una guerra interiore tra amore materno, doveri economici nei confronti della famiglia, legittime aspirazioni personali e professionali. E non è una bella esperienza e spesso ti accompagna per sempre, quella guerra.
Però il lavoro, soprattutto il mercato del lavoro attuale (dove anche l’indeterminato non lo è più, purtroppo) offre molte possibilità di conciliazione vita-lavoro e di pacificazione per la guerra interiore. Io ho scelto di svolgere un’attività da freelance, ma nel nostro Paese stanno regolamentando lo smart working, il lavoro dove e quando vuoi/puoi anche se sei dipendente.
Insomma non più il part-time ma un modo di lavorare più in linea con i tempi e i ritmi famigliari.
Il mio suggerimento è quello di esplorare tutte le opportunità possibili e fare le scelte che più ci rendono sereni (parlo anche ai papà, ovviamente).
Michela Calculli