RUBRICA A CURA DEL DOTT. LUCA MAZZUCCHELLI, VICE PRESIDENTE DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA LOMBARDIA, DIRETTORE DELLA RIVISTA “PSICOLOGIA CONTEMPORANEA, FONDATORE DEL CANALE YOUTUBE “PARLIAMO DI PSICOLOGIA”.

La psicologia ha una lunga e ricca tradizione di ricerche e teorizzazioni che riguardano, a vario titolo, lo sviluppo del bambino e il ruolo, in questo processo, svolto dalle mamme. Eppure, spesso e volentieri, questi concetti, dati empirici ed intuizioni restano confinati tra gli “esperti” e non sempre si trasformano in strumenti utili alla vita quotidiana delle persone.

In questo articolo, approfondiamo “i fondamentali” in questa direzione: assisteremo a tre brevi “lezioni” da parte di grandi psicologi del ‘900 che si sono interessati di psicologia dello sviluppo, con l’intento che le neomamme possano conoscerle e farle proprie.

  • Prima lezione: John Bowlby e “la teoria dell’attaccamento”

John Bowlby (1907-1990) è stato uno psicoanalista britannico, noto per aver elaborato, a partire dai suoi interessi per la biologia e l’etologia, “la teoria dell’attaccamento”.

Secondo Bowbly, fin dalla nascita i bambini hanno una predisposizione a stabilire legami detti “di attaccamento” con le figure che si prendono cura di loro (di solito la mamma), al fine di ricevere affetto, conforto e protezione dai pericoli ai fini della sopravvivenza. Il “sistema di attaccamento” consente al bambino di ricercare e mantenere un certo grado di vicinanza con la figura di accudimento e si manifesta tramite “comportamenti di attaccamento” come il sorriso, le vocalizzazioni, l’aggrapparsi alla mamma e, ovviamente, il pianto quando questa si allontana.

Secondo Bowlby, durante l’infanzia, il bambino organizza la sua esperienza affettiva con la mamma in “modelli operativi interni”, cioè si crea rappresentazioni mentali relative alla qualità del legame con la figura di accudimento. Se le esperienze precoci con la mamma hanno avuto globalmente un esito positivo – dunque se la mamma ha fornito cure adeguate – il bambino svilupperà un attaccamento di tipo “sicuro” (e il relativo “modello operativo interno” di relazioni intime come luoghi di comfort, sicurezza e fiducia), in caso contrario svilupperà un attaccamento definito “insicuro” (e il relativo “modello operativo interno” di relazioni intime come luoghi non confortevoli, rifiutanti o imprevedibili). Tali “modelli operativi interni”, mutuati dalle prime esperienze di attaccamento, avranno poi un ruolo importante nel predire la qualità di tutti i legami che la persona costruirà nel futuro.

Alla luce di quanto detto, la lezione di Bowlby alle mamme sembra essere questa: garantire un attaccamento “sicuro” al proprio bambino costituisce uno dei compiti più importanti per permettergli di sviluppare relazioni sane e positive in futuro.

  • Seconda lezione: Donald Winnicott e “la mamma sufficientemente buona”

Donald Winnicott (1896-1971) è stato un celebre pediatra e psicoanalista inglese. Tra i suoi diversi e preziosi contributi alla psicologia infantile, ha il merito di aver “sollevato” le madri dall’incombenza angosciante di dover essere sempre “perfette e infallibili”. Come? Introducendo il concetto di “mamma sufficientemente buona”.

Secondo Winnicott, la mamma sufficientemente buona è innanzitutto, e come presupposto fondamentale, una mamma affettivamente presente e che si attiva per comprendere e rispondere ai bisogni del bambino. Tuttavia, nel farlo, è anche una donna spontanea e autentica, che come tale non è priva, talvolta, di preoccupazioni, stanchezze o emozioni negative. Scrive Winnicott a tal proposito: “sarebbe d’aiuto chiarire alle madri che può capitare di non provare immediatamente amore per i propri figli o di non sentirsela di allattarli; oppure spiegare loro che amare è una faccenda complicata e non un semplice istinto”. La mamma sufficientemente buona è dunque una mamma “imperfetta”, che può svolgere bene il proprio ruolo anche con sviste e imprecisioni, a patto che queste non siano “gravi”. Insomma, mamme: per garantire ai vostri bimbi uno sviluppo sano, questa attitudine sarebbe “sufficiente” (ed è già molto!).

  • Terza lezione: Margaret Mahler e il “processo di separazione-individuazione”

Margaret Mahler (1897-1985) è stata una psicoanalista ungherese nota soprattutto per aver sistematizzato il “processo di separazione-individuazione”.

Secondo la Mahler un bambino, per svilupparsi in modo sano, deve passare da uno stato di “simbiosi” con la mamma, ad uno stadio successivo in cui è “separato” (cioè si riconosce come un soggetto a sé stante rispetto alla mamma) ed “individuato” (cioè sviluppa una sua identità soggettiva). La nascita fisica non coincide dunque con la “nascita psicologica”, che avviene successivamente attraverso questo processo.

Se inizialmente il bambino vive un periodo di non-differenziazione dalla mamma (in cui ritiene che la mamma sia una sua “estensione”), dal quarto mese in poi si ingaggia nel processo di separazione-individuazione, che si divide in 4 sottofasi. Nella prima sottofase, detta di “differenziazione” (4-8 mesi), il bambino comincia appunto a percepirsi come diverso dalla madre e sperimenta reazioni di disagio quando lei è assente. Nella sottofase di “sperimentazione” (8-14 mesi), grazie anche ai progressi nell’attività motoria, il bambino familiarizza con l’ambiente e lo esplora. Nella sottofase di “riavvicinamento” (14-24 mesi), avviene una piccola “regressione” fisiologica: è come se il bambino avesse bisogno di riavvicinarsi fisicamente alla mamma dopo essersene allontanato, e alterna bisogno di dipendenza dalla mamma e bisogno di autonomia. Nell’ultima sottofase, detta della “costanza dell’oggetto libidico” (dai 2 ai 3 anni), il bambino diviene in grado di rappresentarsi mentalmente la mamma e di sentirsi sufficientemente sicuro anche in sua assenza, e consolida la sua identità.

A prescindere dalle specifiche scansioni temporali delle diverse fasi (che sono state riviste dai moderni studi scientifici), sembra utile che le mamme siano a conoscenza di questa “dialettica naturale”. La lezione della Mahler alle neomamme verte proprio sul considerare la graduale separazione-individuazione del proprio figlio come transizione naturale, che non deve essere scoraggiata ma che, anzi, costituisce un’evoluzione adattiva. Una particolare attenzione dovrebbe essere inoltre dedicata alla fase di riavvicinamento, dove il bambino vive sentimenti ambivalenti (da una parte il bisogno di dipendenza, dall’altra quello di autonomia) e in un certo qual modo teme che i tentativi di allontanarsi dalla figura di accudimento possano causare la sua scomparsa. In questo frangente, è importante che le mamme accolgano il riattivarsi delle esigenze di dipendenza da parte dei loro piccoli o, al contrario, non li “colpevolizzino” per i loro tentativi di autonomia.

Quindi, care mamme, ricordatevi tre cose: 1) cercate di sviluppare un buon legame emotivo con il vostro piccolo, in quanto la qualità del legame con voi sarà il punto di partenza di tutti i legami che vostro figlio svilupperà nel futuro; 2) non puntate ad essere mamme perfette ma mamme sufficientemente buone; 3) lasciate che gradualmente il vostro piccolo si distacchi da voi perché questo è l’unico modo in cui vostro figlio può costruire la sua identità.

 

Bibliografia:

  • Mahler M, “La nascita psicologica del bambino – simbiosi e individuazione”, ed. Bollati Boringhieri, 1978.
  • Winnicot D., “Sviluppo affettivo e ambiente. Studi sulla teoria dello sviluppo affettivo”, Armando Editore, 2000.
  • Holmers J., “La teoria dell’attaccamento. John Bowlby e la sua scuola”, ed. Cortina Raffaello, 1994.