Che cosa è la cogenitorialità?

Cosa si intende con il termine cogenitorialità

Il termine cogenitorialità è relativamente nuovo nel panorama scientifico internazionale. Deriva dalla parola inglese “coparenting”, letteralmente “collaborazione genitoriale”. Descrive cioè quella situazione ideale in cui mamma e papà di un nuovo nato, condividono oneri e onori legati all’accudimento del piccolo.

Cogenitorialità: differenze tra prospettiva maschile e quella femminile

Il papà gioca un ruolo fondamentale di supporto affettivo e pratico sin dai lunghi mesi di gestazione: è il principale sostegno durante il travaglio ed il parto ed è in prima linea fin da subito nella gestione del neonato e di tutto il nuovo universo da scoprire insieme, con un modo di fare e di osservare le cose nettamente diverso da quello tipicamente materno/ femminile.

La prospettiva pragmatica, pratica e concreta, tipicamente maschile, si abbraccia con la visione molto più emotiva, sensibile ed affettiva tipica del femminile. Quest’ultima, lungo la gravidanza ed ancor di più nei primi mesi di vita con il bambino, si acuisce sempre di più per potersi avvicinare al linguaggio del neonato. La prospettiva maschile/ paterna aiuta a non perdersi nell’orbita del bambino e a mantenere il giusto equilibrio tra il fare ed il sentire.

Da quando si è iniziato a trattare il tema nella comunità scientifica

Il primo esperto che ha iniziato a studiare e scrivere di cogenitorialità è stato il Medico Pediatra dottore Alessandro Volta, autore di bellissimi libri dedicati proprio alla figura del papà.( “Mi è nato un papà”, ”L’allattamento spiegato ai papà”, “Nascere genitori”).

Da pediatra e padre di tre figli ha iniziato a domandarsi come il ruolo del papà potesse fare la differenza nell’adattamento neonatale e negli esiti di salute materni. I primi studi sull’argomento risalgono agli anni ‘90 che nel mondo scientifico equivale ad un tempo recentissimo.

Dobbiamo immaginare che fino agli inizi degli anni ’70, i papà erano del tutto estranei al percorso nascita ed alla cura dei bambini piccoli: non partecipavano alla gravidanza, non avevano accesso alla sala parto e spesso incontravano il proprio figlio solo dopo alcune settimane dalla nascita, non prendevano parte alle prime cure (cambio, igiene, bagnetto), non entravano nella questione allattamento e spesso non entravano neppure in una vera relazione con il neonato.

Di tutto ciò si occupavano solo le donne.  L’evoluzione sociale e culturale ha però cambiato questi equilibri.  Questo passaggio può contare però su pochi decenni di storia.

Fino all’altro ieri i papà erano estranei al percorso di attesa, nascita ed accudimento del neonato ed oggi è chiesto loro di occuparsi di tutto questo. Capiamo bene come possa non essere così facile.

Istinto paterno o compito?

Crescere un bambino è uno dei compiti più emozionanti e complessi che esista al mondo, ed è essenziale che la madre possa contare sull’appoggio di altre figure di riferimento per non sentirsi sopraffatta.

Il cucciolo d’uomo è un mammifero, e come tutti i mammiferi arriva al mondo con alcuni bisogni primari che non possono essere negoziati. Fin da quando è al sicuro nell’utero materno vive un costante abbraccio e movimento dolce che lo culla, lo contiene e lo rassicura.

Ecco perché nei primi mesi di vita fuori dal grembo materno è importante che possa rivivere tutto questo; la sensazione di contenimento sperimentata nel contatto costante è per lui elemento cruciale per la sopravvivenza e la crescita, tanto importante quanto il latte che gli riempie lo stomaco.

Ma, tutti i papà sono istintivamente attratti da questo piccolo frugoletto?

Forse no, come non tutte le mamme vivono quell’innamoramento sensazionale al primo sguardo.

È una relazione che si costruisce, giorno per giorno, come ogni relazione d’amore.

Ci sono coppie che al primo incontro hanno vissuto il famoso colpo di fulmine che le ha fatte sentire legate fin da subito, altre che inizialmente non si sopportavano e che hanno imparato a conoscersi e scoprirsi nel tempo. Può succedere la stessa cosa con il vostro cucciolo.

Non vi spaventate allora, cari papà e care mamme, se all’inizio della vostra relazione non sentite quel potente istinto genitoriale che vi attira verso il vostro piccolo. Forse arriverà nei giorni o anche nei mesi successivi. Impegnatevi però ad entrare in relazione con lui o con lei.

Il vostro cucciolo ha bisogno di voi, della vostra presenza, del vostro calore, del vostro movimento, del suono della vostra voce. All’inizio della sua vita fuori dall’utero può conoscere il mondo solo attraverso di voi: infatti è nella relazione con la mamma e il papà che il bebè cresce e sopravvive. Cercate quindi di spendere quanto più tempo riuscite a stare con lui, e scoprirete che questo aiuterà anche voi a sentirvi a vostro agio con lui.

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Rivedi anche la nostra diretta dal titolo Il ritorno a casa e la co-genitorialità: il ruolo del papà nel post parto insieme a @ostetricamariachiara

Fonti:

Alessandro Volta

Articolo redatto dalla Dottoressa Ostetrica Maria Chiara Alvisi, specializzata in allattamento e nella salute del pavimento pelvico. Donna, moglie e mamma di 3 bambini