Madri non si nasce ma si diventa, a volte si cammina con difficoltà imparando passi del tutto nuovi e personali, sostenute dalle persone più vicine.  Ne parliamo con la dott.ssa Roberta Anniverno, medico psichiatra e responsabile del Centro Psiche Donna (www.centropsichedonna.it), presso il presidio ospedaliero M.Melloni, ASST Fatebenefratelli- Sacco, Milano. Al Centro, attivo dal 2004, si rivolgono ogni anno oltre 150 donne sia prima sia dopo la gravidanza.

Gravidanza, parto e maternità, tre momenti diversi anche dal punto di vista psicologico e psichico, ci può spiegare?

In un arco di tempo relativamente breve (9 mesi ma spesso anche meno) la donna impara a riconoscere uno stato e successivamente ad adattarsi alla nuova genitorialità: deve rielaborare la propria identicità e i relativi rapporti. In questo periodo così contratto i cambiamenti sono innumerevoli: da quelli fisici del corpo che modifica le proprie dimensioni e soffre di una serie di disturbi, le nausee ad esempio, a quelli psichici che chiamano la donna ad essere consapevole del bambino che sta crescendo dentro di lei.

Benché la gravidanza non sia di certo una patologia, rimane innegabile che dobbiamo mettere da parte dei modelli completamenti positivi perché la gravidanza non è da intendersi solo come gioie e speranza ma spesso è un periodo caratterizzato da timori e fragilità. Successivamente col parto la donna diventa mamma e incontra il proprio bambino: la nuova dimensione si concretizza, perché non è più semplicemente “la figlia di” ma anche “la mamma di”. Aggiungo che nei mesi successivi quando l’attenzione della famiglia si concentra spesso solo sul bambino è naturale che la neo mamma possa sentirsi sola.

Paure e sbalzi di umore in gravidanza, perché?

Gran parte delle future mamme condividono piccole paure legate al parto o alla salute del nascituro, proprio perché la gravidanza mette di fronte a tutta una serie di cambiamenti che generano crescita ma anche crisi. La gioia di aspettare un bambino si accompagna sempre all’incertezza e in tal senso ogni gravidanza è proprio come fosse la prima.

Queste paure divengono patologiche quando sono continue, si hanno pensieri ossessivi sulla salute del bambino e disturbi ansiosi. Non sempre, poi, l’aumento degli ormoni, in primis gli estrogeni, favoriscono il tono positivo dell’umore, tanto che ci sono donne che comunque presentano una sintomatologia ansiosa.

Dopo il parto, come adattarsi al cambiamento?

Credo sia fondamentale partire dalla consapevolezza che il cambiamento non è fisiologico perché non c’è adattamento istintuale alla maternità: il sentimento materno non è improvviso, ma si sviluppa in maniera del tutto personale, come fosse uno spartito musicale dove ognuno suona note proprie.

Non immaginiamoci come mamme sempre pazienti, dolci e accoglienti, pena scontrarsi con la realtà che è molto diversa. È naturale sentirsi impreparate, a volte a disagio, davanti a un neonato perché non esiste una competenza innata alla maternità, va invece costruita facendo affidamento sulle proprie risorse, coltivandole e permettendo che crescano.

Baby Blues, che cos’è?

È una sindrome fisica transitoria che si manifesta di frequente qualche giorno dopo il parto e può durare per qualche settimana. È per lo più legata ai cambiamenti ormonali, alla fatica e all’ansia che ci possono essere nel postpartum: la mamma può avvertire facilità al pianto e agli sbalzi d’umore, si può sentire triste e spaventata. La situazione si normalizza nel giro di un paio di settimane, certo è necessario che in questa fase di transizione la neomamma si senta supportata da chi le sta attorno.

È inoltre importante riconoscere la maternità blues perché il 20% delle donne che ne soffre sviluppa una vera propria depressione postpartum nei mesi successivi. Entrano in gioco una molteplicità di fattori, ormonali, psichici, fisici e sociali: la mamma si considera inadeguata al proprio ruolo, ha disturbi nel sonno e mancanza di appetito, inoltre vive la propria condizione in uno stato di allerta continua e ansia.

Che cosa fare? In primis riconoscersi in questa difficoltà, quindi chiedere aiuto e sostegno alle persone vicine perché dare parola alla propria sofferenza è già un modo per materializzarla, infine rivolgersi a uno specialista. In prima battuta di solito viene prescritta una terapia farmacologia che si può utilizzare anche durante l’allattamento.

Diventare genitori significa anche ridefinire la propria coppia, come fare?

Il dialogo è fondamentale, non bisogna mai smettere di parlarsi e chiedersi vicendevolmente  “come stai?”. È necessario ridefinire un equilibrio in cui non si è più in due ma in tre, con un compagno accanto che va coinvolto nell’accudimento del bambino. Riserviamo del tempo solo a noi e al nostro compagno, ricaviamo degli spazi ricordando che la famiglia c’è proprio perché siamo coppia.

In sintesi: i consigli per diventare madre e superare le difficoltà?

Dimentichiamo quello che siamo state fino a quel momento o il controllo che abbiamo esercitato nella nostra vita e nel nostro lavoro.  Possiamo farcela? Certo, ricordiamo che ogni donna ha un suo tempo per diventare madre e non sempre il tempo fisiologico e biologico coincidono con il tempo interno di “attesa” e di gestazione.

Possiamo farcela se proviamo ad adattare le nostre risorse al nostro nuovo ruolo e permettiamo al sentimento materno di crescere e maturare senza ritenerlo un istinto naturale. Possiamo farcela se manteniamo un dialogo costante con le persone che ci sono vicine, per primo il nostro compagno, se impariamo a chiedere supporto e a dedicarci del tempo e degli spazi solo nostri. Non esiste alcun modello da seguire ma solo percorsi del tutto personali che ognuno può tracciare.

Miralda Colombo