Come sarà il mio bambino? Timido o estroverso? Vittima o prepotente? Ce lo chiediamo subito, fin da quando sono nel pancione e ogni tanto cerchiamo di indovinare il loro carattere dalla frequenza e dall’intensità dei calci.
La parte innata del carattere
Per circa tre anni mi sono beata delle mie capacità di mamma mentre amici e parenti mi dicevano “ma come sei fortunata!”. “Eh no, pensavo, fortunata no! È merito mio e di mio marito se mio figlio è bravo, tranquillo, ubbidiente”.
Poi è arrivato il secondo figlio ed è talmente diverso da suo fratello che alle volte mi domando come sia possibile che siano stati entrambi nel mio pancione. Grazie al piccolo mi sono data una bella ridimensionata e ho dovuto ammettere che sì, c’è una componente innata nel carattere di un bambino.
Il “contributo” dei genitori
Una volta assodato che il pupo “è nato così”, poi arriviamo noi: i genitori. Ci sono mille modi di affrontare il carattere del nostro bambino: possiamo assecondarlo, osteggiarlo, tentare di comprenderlo, immedesimarci, rifiutarlo. Dipende anche dal nostro, di carattere. Può capitarci un figlio che è talmente simile a noi da ritrovarci in conflitto perenne, ne so qualcosa io che sono identica a mio padre e questo provoca scintille da oltre 36 anni. Scintille ma anche un grande amore, perché rivedersi in un’altra persona è un’esperienza unica ed emozionante.
Spesso mi domando quanti e quali errori faccio intervenendo sul carattere dei miei figli. Quando cerco in qualche modo di contenerli oppure di spronarli. E mi dico, insieme a mio marito, che facciamo del nostro meglio e che ci impegniamo a metterci in “ascolto” della loro evoluzione, soprattutto cercando di capire quando ci stanno chiedendo più autonomia.
Tutto il resto possiamo affidarlo al futuro sperando di non fare danni o di farne pochissimi.
Attenzione alle etichette
Mio figlio grande è un bimbo tranquillo, il secondo è un terremoto. Ma ne sono sicura? Ogni tanto sì, ci sono dei momenti in cui mi pare di vedere chiaro il loro futuro basandomi sul loro carattere. Ma la verità è che definendoli così, “tranquillo” e “terremoto”, in qualche modo sto evidenziando degli aspetti specifici del loro carattere e li sto cristallizzando.
Se diamo ai nostri bimbi delle etichette e magari li paragoniamo gli uni agli altri, purtroppo quasi certamente contribuiremo all’amplificazione negativa di detti aspetti. In sostanza “se mamma dice che sono un terremoto, perché dovrei comportarmi diversamente?”.
Il mio più che un cosiglio a chi mi sta leggendo è un’esortazione a me stessa affiché non li paragoni troppo e li lasci liberi di esprimere il loro carattere, osservandoli ed intervenendo nella maniera più discreta possibile.