Questo è un post che non dovrebbe esistere. I bambini conoscono bene il rispetto della diversità, semplicemente perché non la notano la diversità. E allora racconto qui quello che ho osservato in questi primi sei anni da mamma.

I colori

Mio figlio aveva circa 4 anni e frequentava la scuola per l’infanzia, quando un bel giorno, a cena ci ha detto “Lo sapete cosa mi ha detto un mio amico a scuola? Che lui è fatto tutto di cioccolato!” con un sorrisetto compiaciuto. E noi gli abbiamo chiesto “Tu invece, di cosa sei fatto?”, e lui immediatamente, senza pensarci “Beh, io sono fatto di panna!”. E si chiuse lì.

I nostri bimbi frequentano “scuole internazionali”, come definisco io le nostre scuole nella periferia di Torino con un altissimo tasso di figli di immigrati. Stanno insieme fin dal nido, nidi coloratissimi, e si identificano per nome, non per colore o religione.

E poi un altro episodio, tenerissimo.

Una mia cara amica, italiana e fatta di panna, è madre di uno splendido bambino, nato in Etiopia e fatto tutto di cioccolato. Un bel giorno lei ha accostato i loro palmi delle mani e ha detto al suo bambino “Vedi, così le nostre mani sono uguali”, poi ha accostato i dorsi delle mani e allora il bambino ha detto “Ecco così invece le nostre mani sono diverse” e la mamma, un po’ preoccupata “Perché?” e lui ha risposto Mamma, tu hai lo smalto sulle unghie!”. Direi che c’è poco da aggiungere.

Le forme

In sei anni di vita, il mio bambino si è confrontato con molte diversità. Ai giardini, a scuola, sui mezzi pubblici. Ma non mi ha quasi mai fatto domande in merito, di sicuro non percepisce le disabilità mentali dei bambini: sono bambini che vogliono giocare con lui, a lui piace fare amicizia, punto.

È molto colpito invece dalle evidenti disabilità fisiche, in particolare dall’impossibilità di camminare di bambini che sono troppo grandi per stare sul passeggino. Prova un dispiacere che non sa spiegare nel vedere bambini che non possono correre e muoversi come lui, ma ai miei occhi sembra più empatia che compassione: lui si immedesima e si domanda come sarebbe non poter camminare o parlare o vedere.

Quando i nostri figli percepiscono la diversità, allora entriamo in gioco noi. Ci vuole un mix di sincerità e delicatezza per raccontare ai propri figli che non tutti siamo uguali ma anche che quando a qualcuno manca qualcosa, arrivano i superpoteri a potenziare le risorse di quelle persone.

Gli adulti

In sostanza i bambini provano una positiva indifferenza o al massimo dell’empatia se messi al cospetto della diversità. I bambini che si comportano in maniera negativa quando si rapportano al diverso, in realtà hanno già subito una narrazione adulta della diversità, probabilmente con parole di disprezzo per lo straniero, per il disabile o per gli omosessuali.

È tutto nelle nostre mani dunque. Quel che facciamo noi, io e mio marito, è osservare da lontano quel che accade e intervenire soltanto se interrogati. Se nostro figlio gioca ai giardini con una bimba che ha chiaramente, ai nostri occhi adulti, dei problemi cognitivi, perché rilevarli agli occhi del piccolo se per lui non ha alcuna importanza?