La nanna dei bambini, soprattutto nei primi anni di vita, è uno dei temi caldi nelle conversazioni online e offline fra genitori. Quante volte vi siete trascinati al lavoro come degli zombie dopo notti totalmente insonni? Ora farò arrabbiare moltissime mamme e papà, ma devo rivelarvi una verità sconvolgente: i bambini che fanno la nanna esistono, io ne ho addirittura due esemplari in casa: uno di tre anni e mezzo, l’altro di due mesi (in questo caso non mi sento ancora di “sciogliere la prognosi”).

Senza dubbio l’indole del bambino, fin dalla nascita, gioca un ruolo importante nel caso del sonno. Dunque a mio avviso non esistono regole generali o metodi che valgono per chiunque. Esistono dei piccoli accorgimenti che mamma e papà possono mettere in atto per tentare di dormire almeno qualche ora a notte. Ecco i miei consigli.

Prime nanne

Alla nascita del mio primo figlio, la nostra pediatra ci disse qalcosa che, come dico spesso, salvò le nostre notti. Quando torni a casa con il tuo bebé, e magari è il primo, non sai bene che pesci pigliare. Hai letto mille libri, fatto un tour su tutti i siti che parlano di maternità e di neonati, ricevuto mille consigli da chiunque, anche non richiesti. La verità è che una volta a casa, mamma e papà si sentono persi e vanno a tentativi, travolti dal pianto di quel cosino che ormai condiziona ogni minuto.

E lì, ad una settimana dalla nascita del mio primo figlio, che intervenne la nostra pediatra con il suo consiglio “anche per il futuro, perché non provate a farlo addormentare nella sua culla anziché in braccio? Mettetelo nella culla quando è ancora sveglio e state accanto a lui finché non si addormenta, fategli le coccole, parlategli, ma lasciate che si addormenti nel luogo esatto in cui si risveglierà”. Noi ci provammo e funzionò. Il piccolo si addormentava coccolato da noi, ma nella sua culletta (tutt’ora lo accompagnamo a letto e alla fine lui ci dice “ciao” e si addormenta da solo).

Perché quel consiglio della pediatra? Perché non farlo addormentare in braccio per poi posarlo nella culla? La risposta è abbastanza semplice: perché addormentarsi in un luogo e risvegliarsi in un altro non è una bella sensazione. Avete mai provato ad addormentarvi in soggiorno e risvegliarvi in camera da letto?

Vicini ma non troppo

Io non sono una fan del cosleeping. Non ho tenuto nel lettone il primo figlio e non lo sto facendo con il secondo.

Due i motivi molto importanti della mia scelta:

  • Soffro di ernia al disco e entro pochi giorni dall’inizio di un eventuale cosleeping sarei costretta ad assumere dosi massicce di cortisone per rimettermi in piedi; con il piccolo nel lettone assumerei delle posture scorrette e dolorosissime e allora a che servirebbe passare la notte abbracciato alla mamma se poi quella mamma fosse ko durante il giorno?
  • Mio marito non ha un sonno tranquillo ed è un gigante; impossibile ignorare la sicurezza del piccolo.

Esistono delle soluzioni a metà strada tra il cosleeping e le camere separate. Si può decidere, come ho fatto io, di tenere la culletta o il lettino, vicinissimi al lettone, in modo da sentire le minime variazioni di respiro del piccolo e da poter dare una carezza o una coccola ogni volta che vogliamo.

Routine

La routine è fondamentale con i bambini e vitale nell’accompagnamento alla nanna. Ripetere sera dopo sera gli stessi gesti, gli stessi rituali, aiuta i piccoli a sapere cosa accadrà passo per passo e a sentirsi più sicuri per affrontare il momento del sonno. Attaverso i gesti abitudinari sapranno che il giorno dopo sarà di nuovo giorno, che non c’è nulla di spaventoso nella notte, che possono rilassarsi. Qui da noi con il grande la routine è la seguente: cena, quindici o venti minuti di cartoni, pigiamino, pipì, dentini, letto, favola e saluti finali. Ogni tanto mio figlio si alza per una seconda pipì (anche questo ormai è routine).

Ad ognuno il suo metodo

Ripeto. La verità è che ogni bambino è diverso, come lo siamo noi genitori. E allora per fare la nanna bisogna organizzarsi a modo proprio imparando a conoscersi e a capire quali sono le criticità oppure i nostri punti di forza. Ben venga il cosleeping, ad esempio, se risutla essere un’abitudine piacevole per figlie e genitori. Qualsiasi decisione si prenda, però, deve sempre tenere conto della sicurezza del neonato o del bambino.